Il funambolo

Aveva predisposto tutto nei minimi dettagli. Calcolato la lunghezza, l’altezza, la distanza esatta fino al centesimo di millimetro, la probabile velocità del vento ( ci sarebbe stato?), la pendenza… Eppure il suo corpo aveva iniziato a tremare alle 15 e 22 e non si era ancora fermato. Tutto era partito dalle mani, da quelle sue dita lunghe che sin da piccolo gli avevano detto erano dita da pianista, poi carpo, metacarpo, braccia, collo, angoli della bocca, sopracciglio destro, tutto un fremito continuo che non sembrava avrebbe mai avuto fine.

funambolo Immerso nell’acqua bollente della vasca stava ancora una volta ripetendo mentalmente ogni singolo movimento, ogni dettaglio necessario alla buona riuscita dell’impresa, sapeva che per questo avrebbe potuto contare sui compagni d’avventura, quelli che non lo avevano mai abbandonato e anche in questo caso, pur con qualche reticenza, gli avevano ancora una volta detto si. Si a quella dose di follia che lo aveva segnato da quando era bambino, si all’incoscienza, si alla sfida, si alla voglia insaziabile di paura e adrenalina, si a quel suo sorriso un po’ beffardo ma immancabile.

Il tremito non si placava nemmeno dentro l’acqua bollente. Mancavano ormai poche ore al momento stabilito, i ragazzi si sarebbero trovati sul posto in perfetto orario com’era sempre stato, e tutto sarebbe filato liscio, lo sapeva, in cuor suo lo sapeva che tutto sarebbe andato bene, ma il suo corpo no, il suo corpo aveva avuto per la prima volta dopo anni una sorta di moto di ribellione, come una scossa improvvisa, un sisma interiore che lo aveva travolto senza preavviso e lui non poteva far altro che lasciarlo sfogare fino alla sfinimento.

Uscì dalla vasca, si avvolse nell’accappatoio e si diresse verso il letto che lo attendeva, ancora disfatto, dalla mattina. Guardando il soffitto ebbe come la sensazione che fosse eccessivamente basso. Aveva bisogno di alzarsi e fare un po’ di esercizio per sciogliere la tensione e scacciare via quel tremore. Non era l’altezza, non era quella a spaventarlo. Per lui c’era solo avanti, avanti senza voltarsi, né basso, né alto, solo avanti, sempre dritto verso la meta. Aprì la finestra, fuori c’era aria fresca, si arrampicò sul davanzale, qualcuno da sotto notò la scena e rimase fermo a fissarlo. Un uomo in accappatoio intento a suicidarsi buttandosi giù dal secondo piano poteva sembrare alquanto improbabile tutto sommato. Sorrise e fece un cenno di saluto con la mano aperta che ancora tremava, ma già un po’ meno di prima come se il contatto con l’esterno l’avesse tranquillizzata. Trovato il canale di scolo cominciò ad arrampicarsi in alto fino ad arrivare al tetto mentre sotto si era creato un piccolo capannello di gente che osservava incuriosita.

Arrivato in cima si tolse l’accappatoio e si stese a terra lasciando che il vento accarezzasse tutto il suo corpo facendolo tremare ovunque. Chiuse gli occhi e si mise in ascolto del martellare del suo cuore e con lui risentì la stessa voce: “ Respira cazzo, respira, rimani con noi, respira!”.
Il corpo aveva smesso improvvisamente di tremare, ora poteva tornare a casa mettersi un qualcosa addosso e uscire per cena, domani sarebbe stata una giornata impegnativa, ma bella.

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